Mi è capitato di vedere qualche settimana fa, in una proiezione stampa, Inside Out. Se siete su questo blog, saprete che si tratta del nuovo lungometraggio Pixar, diretto dal mitico Pete Docter, creatore degli immensi Monsters & Co. e Up. Nutrivo grandi speranze di rivedere un film della Pixar vecchio stile, libero da franchise blasonati e sindrome del sequel, ma con tanta voglia di comunicare agli adulti, con il filtro di un prodotto visionario irresistibile anche ai più piccoli. Cavoli se sono stato accontentato!
Inside Out si ricollega idealmente a quella filosofia pixariana del compromesso magico, così moderna: la filosofia del "Questo non è volare, è cadere con stile!" del primo Toy Story (chi ha letto La stirpe di Topolino, capitolo 16, sa cosa intendo).
Inside Out racconta di tutti noi, della nostra crescita e della nostra capacità di superare i momenti bui, preservando e valorizzando la ricchezza mentale dell'essere umano. Lo racconta ridendo, persino con momenti slapstick, ma anche con attimi di commozione straziante che sarebbe un delitto anche solo suggerire, perché gli spoiler qui davvero ucciderebbero lo straordinario normale viaggio della giovane protagonista e delle sue cinque emozioni. Inside Out è uno di quei lungometraggi che ti riconciliano col cinema e nello specifico con l'arte dell'animazione, se ogni tanto hai qualche momento di stanchezza. E ti lasciano rintronato di soddisfazione. Non sto esagerando.